Come è piccola l’altra metà del governo.
Fino a quando?

Nella gestione della crisi di governo di questi giorni appare, evidente, una costante fondamentale, come ha notato Silvia Garambois su strisciarossa (qui il link): poche le donne in questa crisi di governo tutta maschile. Poche, soprattutto, sono le donne proposte alla carica di ministro, pochi (sei su ventiquattro) i membri femminili delle delegazioni ufficiali che si sono presentate al premier Conte per le consultazioni, poche, in generale, le protagoniste.
Un rapporto, quello in Italia tra donne e politica, da sempre in salita.

La prima donna ministro, Tina Anselmi nel 1976

Prima del 1945-46 alle donne non era consentito né essere votate né votare, diritto riconosciuto loro in extremis, nell’ultimo giorno utile per la composizione delle liste elettorali alla fine del gennaio 1945.
Nei primi trent’anni di vita della Repubblica italiana i Consigli dei ministri (tredici in totale) sono composti esclusivamente da uomini: bisogna attendere il 1976 perché una donna, Tina Anselmi, sia nominata ministro del Lavoro e della Previdenza sociale dall’allora presidente del Consiglio Giulio Andreotti (Anselmi sarà ministro della Sanità nei successivi governi Andreotti IV e V).

Negli anni ’80, Falcucci, Russo Jervolino, Bono Parrino

Non seguiranno l’esempio di Giulio Andreotti né Francesco Cossiga, né i successori Forlani e Spadolini.
Tra il 1982 e il 1987 Franca Falcucci sarà, prima donna a ricoprire la carica, ministro della Pubblica istruzione nei governi Fanfani V e VI e Craxi II.
Nel 1988, per la prima volta nella storia della non più giovanissima Repubblica, il presidente del Consiglio, Ciriaco De Mita, nomina due ministri donna: Rosa Russo Iervolino agli Affari sociali e Vincenza Bono Parrino ai Beni culturali.
La media delle donne ministro tende piano piano a salire e raggiunge il 10,7% nel Governo Ciampi del 1993 (nei successivi Governi Berlusconi I e Dini la quota scenderà nuovamente attorno al 5%).
Una crescita importante si avrà con Massimo D’Alema nel 1998: quote rosa al 22% ed una donna, Rosa Russo Iervolino, ministro dell’Interno.

Alle donne incarichi al lumicino

La media tenderà nuovamente a scendere con i governi Amato e Berlusconi per risalire notevolmente (circa un quarto del totale) con Romano Prodi, fino a raggiungere con il Governo Renzi la piena parità anche se temporanea (delle 8 ministre presenti all’avvio del Governo, tre hanno presentato le dimissioni e sono state sostituite da uomini; nell’esecutivo Gentiloni la percentuale di donne al Governo scende al 28,33% ; al 17,19% in quello Conte).
Nel 2018 è stato eletto il Parlamento con più donne della storia repubblicana: 109 al Senato e 225 alla Camera, il 35 per cento circa dei parlamentari.

Trenta anni per eleggere più di 50 donne in Parlamento

Se si analizza l’andamento della presenza femminile si può notare come siano stati necessari 30 anni per eleggere più di 50 donne al Parlamento (quota 100 è stata superata con la X legislatura nel 1987, e quota 150 con la XV, nel 2006).
Su 18 legislature totali soltanto in cinque casi la Presidenza della Camera è stata affidata a una donna (Nilde Iotti per tre legislature, Irene Pivetti e Laura Boldrini), in un solo caso la Presidenza del Senato (Maria Elisabetta Alberti Casellati).

Mai nessuna donna Presidente del consiglio

Su oltre 1500 incarichi di ministro assegnati in 70 anni di storia repubblicana le donne ne hanno ottenuti 78 (di cui 38 senza portafoglio). Nessuna donna ha mai rivestito l’incarico di ministro dell’Economia e delle finanze o delle Infrastrutture e dei trasporti.
In 65 esecutivi, con 29 diversi presidenti del Consiglio, nessuna donna è stata mai investita della carica.
Considerato che le donne in Italia rappresentano più di metà dell’elettorato attivo, il 42% dei lavoratori, il 57,2% dei laureati ed il 41% della produzione del Pil nazionale, verrebbe da chiedersi: se non ora, quando?